STORIA DEL WUSHU KUNGFU
Non esiste frammento storico della Cina che non sia pervaso di fatti che riconducono alle Arti Marziali e al loro misticismo. L’intera cultura del “Celeste Impero” si riallaccia alle antiche tecniche di combattimento, facendo si che si fondano con la spiritualità di un intero popolo, è così che le Arti Marziali Cinesi si sviluppano parallelamente in una profonda epopea cavalleresca alla cultura della Cina stessa.
Prime testimonianze di codifica di un metodo di combattimento si rifanno a circa 5000 anni fa, durante il regno dell’Imperatore Giallo; questi riuscì ad unificare l’Impero grazie ad un innovativo metodo di lotta che fu utilizzato durante un epica battaglia dalle sue truppe che nonostante inferiori di numero batterono l’esercito di “Zhi You”, qustultimo era armato di curiosi elmi cornuti con i quali trapassavano i nemici uccidendoli, ma Huang Di (…ovvero l’Imperatore Giallo) insegnò ai suoi uomini a schivare le testate dei nemici e quindi a proiettarli in terra per poterli quindi battere. Era nato il “Qiao Ti” .
In seguito per ricordare l’eroico gesto, durante le feste venivano mimati dei combattimenti dove uno dei due contendenti era munito di elmo cornuto, in breve ciò si trasformò in vere e proprie competizioni di lotta.
Secondo chiare testimonianze storiche questo tipo di lotta inizio ad essere usata sia come metodo d’intrattenimento che per spettacoli, nonché come metodo di giudizio regolamentato per appianare le più svariate dispute, dai possedimenti territoriali alle tensioni politiche. Dal “Qiao Ti” nacque lo “Shuai Qiao”, che mantiene inalterate gran parte delle primitive tecniche. Ma per molto tempo le Arti Marziali, Furono esclusivo appannaggio delle sole caste militari e nobili, arricchendosi man mano di nuove tecniche ed armi che si evolvevano con le nuove scoperte tecnologiche e metallurgiche. Durante il periodo degli “Stati Combattenti” (dal 453 a.C. al 222 a.C.) le Arti Marziali crebbero di popolarità e grazie ai tornei pubblici sempre più popolari, la passione passo dai militari al popolo che le diffuse ulteriormente facendo si che diventassero leggendarie le gesta di molti praticanti al pari dei nostrani Paladini.
Risale a quel periodo una tomba ritrovata nella provincia del “Hubei”, dove una pittura rappresenta chiaramente un pubblico che circonda due combattenti controllati da un arbitro.
In epoca “Han” (dal 206 a.C. al 220 d.C.) lo sviluppo degli stili da combattimento, ebbe un ulteriore impennata ed in particolare si diffuse l’uso delle armi che raffinarono il loro uso. Ma fu solo nel 527 d.C. che accadde qualcosa capace di cambiare in modo radicale il modo di fare WuShu e praticamente la storia dell’intera Cina.
Una storia che a seguire raccoglie dei parallelismi con quella di altri movimenti religiosi, vide giungere in Cina un monaco Buddista Indiano di nome “Da Mo” o anche “Bodhidarma”, questi in gioventù era stato un ricco principe di casta guerriera, ma che aveva poi ripudiato tutti i beni terreni per dedicare la sua vita al “Budda”.
Giunto nella provincia dell’Henan, si recò sul monte “Song” dove sorgeva e sorge un rinomato monastero di questa fede: Shaolin, ovvero il monastero della piccola foresta.
I monaci del monastero di Shaolin, praticavano un sistema di preghiera che prevedeva lunghissime sedute di meditazione, ciò creava indubbi problemi di indebolimento fisico e fu così che “Da Mo” iniziò ad insegnare delle tecniche ginniche salutistiche che vennero chiamate “le 18 mani di Budda”. Quindi si deve a “Da Mo” la creazione della setta Buddista denominata “Chan” o meglio conosciuta in tutto il mondo con il nome Giapponese di “Zen” Essa ritiene che ogni uomo ha in se il Budda e attraverso la meditazione impara a raggiungere il vero equilibrio.
La legenda vuole che lo stesso “Da Mo” sia rimasto in meditazione per 9 anni, lasciando la sua impronta nella roccia. Ecco perché si rese necessario alternare queste lunghe sedute con degli allenamenti dinamici.
Alcuni storici credono invece che il Kung Fu fosse già presente nel monastero prima della venuta di “Da Mo”, portatovi da “Ba Tuo” che era un altro Monaco Indiano, infatti in alcune antiche pitture vi sono spesso raffigurate scene in cui vari monaci si allenano al combattimento osservati e istruiti da altri monaci dalla carnagione più scura e di tipo olivastro dai chiari tratti somatici indiani. Ciò fa pensare che questi scambi tecnici indocinesi, si siano ripetuti più spesso nel tempo lasciando una profonda impronta culturale.
Il mito dei “Monaci Guerrieri” crebbe sempre più, grazie anche al fatto che il Buddismo “Chang” (Zen) è più tollerante nei confronti dei difetti umani, quindi nonostante la vita monastica e le varie difficoltà che si affrontavano per essere aderire all’ordine, erano ben accetti ex militari, persone che mangiavano carne, bevevano alcol o dovevano fuggire da qualcosa o qualcuno. Ecco che “Shaolin” divenne in breve un crocivia di esperienze dove i grandi Maestri di Wu Shu potevano allenarsi in tranquillità migliorandosi come in nessun altro posto. La pratica del Kung Fu tra le mura di “Shaolin” fece si che il nome stesso del monastero diventasse sinonimo di quest’incredibile Arte Marziale dai mistici risvolti, nonché di nobiltà d’animo, invincibilità e di valori eticospirituali che ricordavano quelli epici della “Cavalleria” europea ed in particolare facendo un altro parallelismo quelli degli ordini monasticomilitari come i Templari o i Giovanniti. I primi divideranno con gli Shaolin anche la distruzione della loro casta e la diaspora.
Infatti nel 1644 iniziò un processo di stravolgimento politico quando i “Manciù” spodestarono spodestarono la dinastia “Ming” subentrando a quella “Qing”. I Cinesi non riconobbero mai gli invasori provenienti dalla Manciuria come loro governanti legittimi, bensì come usurpatori e nonostante gli sforzi fatti da quest’ultimi per integrarsi con la cultura del Celeste Impero furono sempre considerati illegittimi nel governare la “Terra di Mezzo” (n.d.r. altro nome con cui era conosciuta la Cina.) Gli Shaolin che avevano ospitato per secoli persone politicamente vicine all’Imperatore e al Governo Cinese, intervennero militarmente utilizzando il loro invincibile Kung Fu come principale arma per contrastare la dinastia usurpatrice, fu così che Monaci, laici e partigiani addestrati nei santi luoghi presero le armi per una lotta senza quartiere. Ciò scatenò l’ira dei “Qing” che ordinarono alle truppe del nuovo Impero di distruggere tuti gli Shaolin e i loro covi compreso il Monastero. La leggenda vuole che solo grazie al tradimento di un monaco rinnegato, le forze Manciù riuscissero ad entrare nelle mura attraverso un passaggio segreto e dopo una terribile battaglia che si dice abbia coinvolto 1000 uomini per ogni Monaco qust’ultimi vennero sconfitti e distrutti. Alcuni fra essi riuscirono però a fuggire, alcune fonti vogliono che a a salvarsi fossero 4 Monaci una Monaca e 3 laici diffondendo il Kung Fu e il pensiero di Shaolin in tutto l’oriente.
Ma come spiegare la diffusione di un così alto numero di stili di combattimento riconducibili ad un'unica fonte?
Ricordiamo che i frequentatori del tempio, venivano dalle più svariate esperienze. Militari, Grandi Maestri, vecchi eremiti e quanto altro che convogliavano in un unico calderone un enorme bagaglio di concetti e tecniche. Capitava così che spesso gli allievi e i Monaci che studiavano a Shaolin si specializzassero poi in un particolare modo di muoversi codificato poi in vero e proprio stile, ma mantenendo comunque la radice comune.
E’ quindi tra le mura del Monastero della piccola Foresta che nascono e prosperano alcuni fra gli stili più famosi ed efficaci come appunto quello del “Tang Lang Quan” , ovvero il Pugilato della Mantide Religiosa.
Il Tang Lang, anch’esso diviso in varie scuole risulta oggi essere uno dei più efficaci stili di combattimento evolutisi a Shaolin, pare che addirittura che a far parte del gruppo di esuli scampati all’ira dell’Imperatore Manciù “Kang Hsi” vi fosse “Wang Lang”, figura mitica a cui si attribuisce la paternità dello stile in questione.