MON - EMBLEMA
Il mon è il tipico emblema giapponese usato per identificare un individuo, un gruppo o una famiglia. Inizialmente utilizato come segno distintivo, solitamente applicato sulgi abiti dei comandanti all’interno dei clan e delle organizzazioni, venne presto adottato anche in ambito popolare in rappresentanza di un ampio ventaglio di categorie: dai mercanti alle gilde, dai templi ai teatri.
A partire dal XII secolo, con l’introduzione di una vera e propria araldica nella società giapponese, i mon venivano utilizzati in ambito militare per contrassegnare vessilli, tende e accampamenti. Sul campo di battaglia, i mon trovavano posto sugli stendardi militari mentre in ambito civile erano esposti su kimono e oggetti di rappresentanza.
Il mon della Yugen Ryu è costituito da due elementi geometrici particolarmente importanti nella cultura orientale: Il cerchio ed il quadrato. Questi simboleggiano due differenti idee di bellezza, da un lato quella armonica e libera del mondo naturale, dall’altro quella precisa e ordinata. dell'intelletto umano. Tali essenze, apparentemente agli antipodi, trovano la loro massima espressione sintetizzate in un ideale estetico superiore.
Il cerchio rappresenta i concetti di Taijitu (Tao) e di Zen, inteso come ricerca infinita della perfezione. Nel Taoismo il cerchio rappresenta un universo non-duale, nel quale i concetti ying e yiang confluiscono in un sistema unitario, compenetrandosi a vicenda. L'adattamento e la capacità di leggere ogni evento in un'ottica universale sta alla base di una complessa e affascinante visione per la quale ogni singolo Ego non è una monade distinta, ma confluisce nel flusso di un'unica coscienza universale.
A livello psicologico, il cerchio simboleggia la dimensione Spaziale. I quattro cerchi presenti nel mon della Yugen Ryu rappresentano i quattro elementi ed i quattro punti cardinali: sono il campo d’azione, fisico e spirituale, entro il quale si muove l’essere umano. Secondo la dottrina Buddista ogni direzione è associata ad un elemento, con il quale condivide qualità e caratteristiche.
Il Sud simboleggia la stabilità e l’integrità: è associato il principio della terra (Chi Kyu). Simbolo di solidità, rappresenta le radici, il punto di partenza, la base essenziale per sviluppare ogni progetto.
Il Nord simboleggia la meditazione e l’ispirazione: è associato al principio dell’aria (Kaze Kyu). Simbolo di mobilità e cambiamento, rappresenta la costante spinta alla progressione ed all’evoluzione, la ricerca di una perfezione che passa per il costante mutamento e miglioramento.
L’est è la direzione del principio e dell’energia: è associata al principio del fuoco (Hi Kyu). Simboleggia la forza ed il vigore, rappresenta l’indole combattiva e propositiva dell’essere umano.
L’ovest simboleggia la crescita e la compiutezza: è associata al principio dell’acqua (Mizu Kyu). Simboleggia la capacità di adattamento, ci ricorda che esiste sempre un modo per raggiungere i nostri obiettivi e che la misura del nostro successo dipende dalla capacità di trovare la giusta strada per conseguirlo.
L’azione dell’intelletto umano, che ha bisogno di una struttura formale per auto-definirsi, è rappresentata con un’altra figura chiave del simbolismo orientale: il quadrato. Se l’armonia del cerchio rappresenta la perfezione, la precisione del quadrato simboleggia la comprensioni delle leggi naturali. Il quadrato raffigura lo sforzo dell'intelletto di indagare i misteri di un universo che si dischiude intorno a noi, il tentativo di portare ordine e catalogare una mole di eventi e informazioni altrimenti troppo caotiche e dispersive. Grazie all'intelletto, l'essere umano è in grado di creare raccordi tra i quattro principi, muovendosi tra questi attraverso i binari della ragione. Tali binari, simboleggiati dai tre quadrati concentrici, rappresentano i diversi stadi della comprensione.
A livello psicologico, quadrato simboleggia la dimensione Temporale. Le conoscenza pregresse definiscono il "prima", base indispensabile dalla quale formare ogni ulteriore comprensione. Tale stato viene costantemente aggiornato con ciò che apprendiamo “durante” le nostre esperienze, catalogato e archiviato per accrescere il nostro bagaglio personale. Si perviene quindi ad un “dopo”, che rappresenta la sintesi di ciò che conoscevamo e che abbiamo ora acquisito, di nuovo pronto a diventare ancora "prima" ossia la base per ogni nuova conoscenza. Si tratta di un esperienza in continuo divenire, dove le nuove conoscenze si aggiungono continuamente a quelle pregresse, imponendoci di essere sempre presenti “qui e ora” in un flusso ininterrotto di esperienze.
Tale ricerca può continuare all'infinito, tuttavia mano a mano che si acquisiscono maggiori conoscenze, ci si chiede con maggior insistenza se esista qualcosa di “più grande” oltre l’immanenza di quel che riusciamo ad apprendere, si ricercano le risposte a quelle domande che l'esperienza quotidiana non è in grado di offrire. Ben presto, tale ricerca giunge ad un punto in cui le parole e le esperienze non sono più utili come strumenti di ricerca. Nel buddismo zen tale punto viene indicato come dominio del "nulla" o del “vuoto”. Tale concetto non vuole intendere la negazione di una presenza, una conclusione o un essenza, bensì suggerire che, oltre i gesti, le abitudini, i pensieri che scandiscono la vita quotidiana, ci sia qualcosa di totalmente altro.. Il vuoto divine quindi un “campo delle possibilità” uno spazio creativo dove è sempre possibile sviluppare un nuovo piano, una nuova azione, una nuova creazione.
Ciò a cui si perviene non è mai permanente, perché nel momento stesso si tenta di definirlo, si apre la strada a nuove interpretazioni e nuove possibilità, perpetuando la dimensione non-finita dell’atto creativo. Ed è proprio nell’atto creativo che il praticante di arti marziali scopre se stesso come un “bujutsuka”, un “artista marziale”.